martedì 19 novembre 2013

L'antico regime: le gerarchie sociali

Nell'antico regime leggi e diritti non erano uguali per tutti. I diritti, infatti, erano concepiti come privilegi di nascita o elargiti dalle autorità. La società, dunque, era divisa in ordini (detti anche ceti o stati, formati da individui che per nascita godono degli stessi diritti). In teoria la disuguaglianza fra gli ordini corrispondeva alle diverse funzioni sociali:
- il clero, amministrava il culto divino;
- la nobiltà, garantiva la difesa;
- il Terzo stato, doveva lavorare per l'intera comunità.

La nobiltà deteneva il primato sociale. La sua potenza era fondata sul controllo della terra, e ad essa era vietato lavorare e commerciare (viveva delle rendite fondiarie). Ciò portò molti nobili alla rovina. I nobili caduti in miseria continuavano a godere dei privilegi, ma il potere era di fatto nelle mani della ristrettissima élite che disponeva di grandi ricchezze. Ciò valeva anche per il clero, perlopiù tutt'altro che ricco.

La borghesia doveva la sua fortuna agli affari e alle professioni liberali. I suoi ideali erano legati allo spirito di profitto: imprenditorialità, dedizione professionale e attenzione bella gestione del patrimonio. Dall'XI secolo si realizzò l'ascesa di questa classe sociale, in virtù della sua crescente ricchezza. Ma il primato sociale rimase alla nobiltà, tanto che i borghesi cercavano di accedere all'ordine nobiliare acquistando titoli e feudi.

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